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siccome quelle di Teofrasto e d’Aristotele; e le Storie delle piante e degli animali da questi Greci composte, apersero un vasto campo alla parte teorica e sperimentale delle scienze naturali.

Venne ciò nulla ostante data la preferenza alle incerte nubi della metafisica. Un venerabile Greco fece risorgere in Italia il genio di Platone, condannato da lungo tempo all’obblio, e nel palagio de’ Medici lo insegnò1; elegante filosofia che poteva essere di qualche vantaggio, in quel tempo che il Concilio di Firenze a dispute teologiche solo attendeva. Lo stile di Platone è un prezioso modello della purezza del dialetto attico: e adatta sovente i suoi più sublimi pensamenti al tuono famigliare della conversazione, arricchendoli talvolta di tutta l’arte dell’eloquenza e della poesia. I dialoghi di questo grand’uomo offrono un quadro drammatico della vita e della morte d’un saggio: e allorchè si degna discendere dai cieli, il suo Sistema morale imprime nell’animo l’amore della verità, della patria e della umanità. Socrate, co’ precetti e coll’esempio, avea raccomandato un modesto dubitare e un libero ricercare: l’entusiasmo de’ Platonici, che adoravano ciecamente le visioni e gli errori del lor divino maestro, potea giovare a correggere il metodo arido e dogmatico della Scuola peripatetica. Aristotele e Platone offrono meriti eguali, e

  1. Giorgio Gemisto Pleto, autore di voluminose opere sopra diversi argomenti, fu maestro di Bessarione e di tutti i Platonici del suo secolo. Invecchiando, visitò l’Italia, ma tornò presto a terminare il corso di sua vita nel Peloponneso. V. una singolare diatriba di Leone Allazio de Georgiis, in Fabrizio (Bibl. graec., t. X, p. 739-756).