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dell'impero romano cap. lxvi. 481

de’ filosofi, e divengo superbo di contemplarli. Io possedea già tutta quella parte de’ loro scritti immortali che è stata tradotta in latino; ma ora comunque io non possa trarne profitto, mi è però un conforto il vedere questi rispettabili Greci vestiti coll’abito di lor nazione. La presenza di Omero mi rapisce: e allorquando tengo questo tacito volume fra le mie mani, esclamo sospirando: illustre Poeta, con qual giubilo ascolterei i tuoi canti, se la morte di un amico e la cordogliosa lontananza di un altro non togliessero ogni forza di sentire al mio udito! Ma l’esempio di Catone, mi fa coraggioso, nè dispero ancora in pensando che sol sul compiersi dei suoi giorni questo Romano alla conoscenza delle lettere greche pervenne„1.

[A. D. 1360] La scienza cui sforzavasi invano di aggiugnere il Petrarca, fu più accessibile agli studj dell’amico di lui il Boccaccio, padre della prosa toscana2. Que-

  1. Trascriverò un passo di questa lettera del Petrarca (Famil. X, 2): Donasti Homerum non in alienum sermonem violento alveo derivatum, sed ex ipsis Graeci eloquii scatebris, et qualis divino illi profluxit ingenio.... Sine tua voce Homerus tuus apud me mutus, immo vero ego apud illum surdus sum. Gaudeo tamen vel adspectu solo, ac saepe illum amplexus atque suspirans dico: O magne vir, etc.
  2. Intorno alla vita e agli scritti del Boccaccio, nato nel 1313 e morto nel 1375, il lettore può consultare Fabrizio (Bibl. lat. medii aevi, t. I, p. 248, ec.) e Tiraboschi (t. V, p. 83-439-451). Le edizioni, le traduzioni e le imitazioni delle sue Novelle, o Favole sono innumerevoli. Egli avea nondimeno rossore di comunicare quest’opera frivola e forse scandalosa al suo rispettabile amico Petrarca, nelle Lettere e Memorie del quale comparisce in modo onorevole.