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dell'impero romano cap. lxvi. | 475 |
ritirate e lontane dagli sguardi de’ medesimi loro concittadini. Rare volte si fanno vedere sulle strade; nè escono di casa, se non la sera, per trasferirsi alla Chiesa, e visitare i più prossimi parenti. In tali occasioni, vanno a cavallo, coperte di un velo, accompagnate dai loro mariti, circondate dai congiunti, o dai servi1„.
Presso i Greci un Clero ricco e copioso si consagrava al servigio degli altari. Que’ Monaci e Vescovi essendosi distinti sempre per austerità di costumi non si abbandonavano siccome gli ecclesiastici latini agl’interessi e ai diletti della vita secolare, nè della militare tampoco. Dopo avere perduta una gran parte del loro tempo in atti di divozione e nelle oziose discordie della Chiesa, o del Chiostro, quelli che d’animo più solerte e curioso erano forniti, si dedicavano ardentemente allo studio dell’erudizione greca, sacra e profana. Presedevano inoltre alla educazione della gioventù, onde le scuole di eloquenza e di filosofia durarono fino alla caduta dell’Impero; e può affermarsi che il recinto di Costantinopoli contenea più scritti scientifici e libri di quanti ne fossero diffusi nelle vaste contrade dell’Occidente2. Ma di già osservammo che i Greci aveano fatta pausa, o anzi arretravano, intanto che i Latini faceano rapidi progressi; progressi animati dallo spirito di emulazione e d’independenza; onde il picciolo Mon-