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dell'impero romano cap. lxvi. 473

go, possedeano tuttavia la preziosa chiave dei tesori dell’Antichità, quella lingua armoniosa e feconda che infonde un’anima agli oggetti sensibili, e veste di corpo le astrazioni della filosofia. Dopo che i Barbari, avendo oltrepassati i confini della Monarchia, si erano mescolati fino cogli abitanti della Capitale, certamente aveano corrotta la purezza del dialetto; onde fu d’uopo d’abbondanti Glossarj per interpretare molti vocaboli tolti dalla lingua araba, turca, schiavona, latina e francese1. Nondimeno questa purezza mantenevasi ancora alla Corte, e veniva insegnata tuttavia ne’ collegi. Un dotto Italiano2 che, per lungo domicilio e onorevole parentado contratto3, avea ottenuto luogo fra i nativi di Costantinopoli, circa

  1. Il Meursio, nel suo primo Saggio, cita tremila seicento vocaboli greco-barbari; e ne aggiunse mille ottocento in una seconda edizione, lasciando cionnullameno molto lavoro da farsi al Porzio, al Ducange, al Fabrotti, ai Bollandisti, ec. (Fabr., Bibl. graec., t. X, pag. 101, ec.). Trovansi parole persiane in Senofonte, e latine in Plutarco; tale è l’inevitabile effetto del commercio e della guerra; ma questa lega non corruppe in sostanza l’idioma.
  2. Francesco Filelfo era un sofista, o filosofo vanaglorioso, avido e turbolento. La vita di lui è stata accuratamente composta dal Lancelot (Mém. de l’Acad. des Inscr., tom. X, p. 691-751), e dal Tiraboschi (Storia della Letteratura italiana, t. VII, p. 282-294), in gran parte seguendo le tracce delle lettere dello stesso Filelfo. Le Opere di questo e de’ suoi contemporanei, scritte con troppa ricercatezza, sono poste in dimenticanza; ma le loro lettere famigliari dipingono gli uomini e i tempi.
  3. Sposò, e forse aveva sedotta, la nipote di Manuele Crisoloras, donzella ricca, avvenente, e di nobile famiglia, congiunta di sangue coi Doria di Genova e cogli Imperatori di Costantinopoli.