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gnamenti arretrati, ai quali avevano diritto1. I soccorsi de’ quali abbisognava la pericolante Costantinopoli poteano scusare una prudente e pia dissimulazione: ma a questi riguardi si aggiunsero forti inquietudini sulla personale loro sicurezza, perchè fu fatto ad essi comprendere che sarebbero abbandonati in Italia alla giustizia, o alla vendetta del romano Pontefice2. Nell’Assemblea particolare dei Greci, ventiquattro membri di questa Chiesa approvarono la formula d’unione, sol dodici recalcitrarono. Ma i cinque Crociferi di S. Sofia che aspiravano alla vacante carica del Patriarca, furono respinti per essersi tenuti alle regole dell’antica disciplina, e videro il lor diritto di suffragio trasmesso a Monaci, a Gramatici, a Laici, dai quali si aspettava una maggior compiacenza: sicchè la volontà del Monarca produsse finalmente una fallace e codarda unanimità. Sol due uomini zelanti d’amor di patria osarono far palesi pubblicamente i loro sentimenti e quelli della nazione; Demetrio fratello dell’Imperatore ritiratosi a Venezia per non essere spettatore di questa unione, e Marco d’Efeso, che credendo forse stimolo di coscienza il suo orgoglio, gridò eretici tutti i Latini, rifiutò la loro comunione, e si chiarì solennemente

  1. Siropolo pretende che i Greci non abbiano ricevuto danaro prima di sottoscrivere l’atto di unione (p. 283); racconta nondimeno alcune circostanze sospette, e lo Storico Duca afferma che si lasciarono corrompere dai donativi.
  2. I Greci esprimono in tuon doloroso i loro timori d’un esilio, o d’una schiavitù perpetua (pag. 197), e l’impressione che fecero sovr’essi le minacce dell’Imperatore (p. 260).