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dell'impero romano cap. lxvi. |
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causa della ecclesiastica libertà; ma il Clero vittorioso, si trovò ben tosto esposto alla tirannide del suo liberatore, che dalla dignità del suo carattere era posto in sicurezza contro quell’armi che sì efficacemente adoperava a danno delle civili magistrature. Le appellazioni annichilavano la Grande Carta, ossia il diritto di elezione del Pontefice; diritto cui le commende, e le sopravvivenze, toglievano forza; onde il clero si trovava obbligato a cedere a clausole arbitrarie1 le proprie prerogative. La Corte di Roma instituì una vendita pubblica, intesa ad arricchire i Cardinali e i favoriti del Pontefice delle spoglie di tutte le nazioni, che vedeano i principali benefizj de’ lor territorj accumularsi su persone straniere e lontane. Intantochè dimorarono ad Avignone, l’ambizione de’ Papi in avarizia e dissolutezza si trasformò2. Rigidi nell’imporre sul Clero il tributo delle decime e de’ primi frutti, tolleravano poi apertamente l’impunità dei vizj, dei disordini, della corruttela; i quali scandali,
- ↑ Nel Trattato delle materie benefiziarie di Fra Paolo (vol. IV dell’ultima e migliore edizione delle sue Opere), questo autore dilucida con eguale franchezza e dottrina tutto il sistema politico de’ Pontefici. Quand’anche rimanessero annichilate Roma e la sua religione, lor sopravviverebbe questo prezioso volume come un’eccellente Storia filosofica, e come un salutare avvertimento.
- ↑ Il Papa Giovanni XXII nel 1334 lasciò morendo in Avignone diciotto milioni di fiorini d’oro, e un valore di altri sette milioni in argenterie e suppellettili. V. la Cronaca di Giovanni Villani (l. XI, c. 20, nella Raccolta del Muratori, t. XIII, pag. 765) il cui fratello avea saputi questi particolari dai tesorieri del Papa. Un tesoro di sei, o otto milioni nel secolo decimoquarto sembra sterminato, e quasi incredibile.