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dell'impero romano cap. lxvi. 433

anche men della Francia in istato d’imprendere una Crociata. In questo medesimo anno, il Sovrano legittimo era stato privato del trono e messo a morte. L’ambizioso usurpatore, Enrico di Lancastre, divorato dall’inquietudine e da’ rimorsi, non osava allontanar le sue truppe da un trono ognor vacillante per sommosse e cospirazioni; compianse, lodò, accarezzò l’Imperatore di Costantinopoli: ma se fece voto di prender la croce, fu senza dubbio per calmare il suo popolo, e fors’anche la sua coscienza, col darsi merito di questo pietoso disegno1. Colmato però di donativi e d’onori, il Principe greco vide una seconda volta Parigi, e dopo avere trascorsi due anni nelle Corti d’Occidente, e attraversata l’Alemagna e l’Italia, s’imbarcò a Venezia, aspettando pazientemente nella Morea l’istante della sua liberazione, o della sua rovina. Uno scisma intanto straziava la Chiesa latina. Due Papi, l’uno a Roma e l’altro ad Avignone, si disputavano l’obbedienza dei Re, delle nazioni, e delle corporazioni dell’Europa. L’Imperatore greco sollecito di non inimicarsi veruna fazione, si astenne da ogni corrispondenza con questi due rivali, immeritevoli entrambi e poco favoriti dalla pubblica opinione. Partì in tempo di Giubbileo, nè pensò attraversando l’Italia a chiedere, o a meritarsi l’Indulgenza plenaria, che cancella, senza obbligarli a penitenza, i peccati de’ Fedeli. Offeso di questa tra-

    pro expensis hospitii sui solvens, et eum respiciens tanto fastigio donativis. Egli ripete la medesima cosa nel suo Upodigma Neustriae (p. 556)

  1. Shakespear comincia e termina la tragedia di Enrico IV col voto fatto da questo Principe di prender la croce, e col presentimento che egli avea di morire a Gerusalemme.