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dell'impero romano cap. lxvi. 431

gli ufiziali del Re s’incaricarono di scortarlo e di pensare a tutte le spese del suo viaggio. Una cavalcata di duemila de’ più spettabili cittadini di Parigi, essendogli venuta incontro sino a Charenton, trovò a complimentarlo alle porte di Parigi il Cancelliere e il Parlamento, e Carlo VI, in mezzo ai Principi e a’ suoi Nobili, abbracciò cordialmente il fratello. Il successore di Costantino fu vestito di un abito di seta bianca, e presentato di un sontuoso bianco palafreno, cerimoniale non indifferente presso i Francesi, che riguardano il color bianco come simbolo della Sovranità. Di fatto, l’Imperator d’Alemagna che nella sua ultima visita a quella Corte, avea chiesto con alterigia il medesimo onore, provò un rifiuto, e fu costretto a contentarsi di cavalcare un cavallo nero. Alloggiato al Louvre, Manuele godè di danze e di feste che l’una all’altra si succedevano, e dei piaceri della caccia e della tavola; perchè studiosissimi si mostrarono i Francesi di sfoggiare agli occhi del Principe straniero d’ogni magnificenza che potesse alcun poco divagarlo da’ suoi dolorosi pensieri. Gli fu conceduto l’uso particolare di una cappella, onde molto maravigliarono, e si scandalezzarono forse i dottori della Sorbona, in udendo gli accenti, in vedendo le cerimonie e le vesti del Clero greco. A malgrado di ciò, ei potè fin dal primo istante accorgersi che ei non avea soccorsi a sperare dalla Francia. L’infelice Carlo VI non godea che di alcuni momenti

    dano (Annal. eccles., t. I, p. 676, 677, A. D. 1400, n. 5), il quale cita Giovenale degli Orsini e i monaci di S. Dionigi, e Villaret (Hist. de France, t. XII, p. 331-334), che non cita nessuno, conforme la nuova usanza degli Scrittori francesi.