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412 | storia della decadenza |
sagacità lo scorgere la loro indole; perchè vedeasi in ciascun d’essi l’uomo isolato, privo d’ogni proprietà, e ridotto al solo suo merito personale, e se il Principe avea l’accortezza necessaria a scegliere rettamente, niun riguardo gl’impacciava la libertà della scelta. Le privazioni preparavano i candidati all’amore della fatica, la consuetudine dell’obbedire al comando. D’onde addivenne che gli eserciti erano tutti animati da un medesimo spirito, e gli stessi Cristiani che fecero la guerra ai Turchi, non poterono defraudar di lodi la sobrietà, la pazienza, la silenziosa modestia de’ giannizzeri1. La vittoria non doveva sembrare dubbiosa, ponendo in confronto la disciplina e l’educazione de’ Turchi coll’indocilità de’ cavalieri, coll’orgoglio inspirato lor dalla nascita, coll’ignoranza delle reclute, coll’indole sediziose de’ veterani, colla intemperanza e co’ disordini che hanno regnato per sì lungo tempo negli eserciti dell’Europa.
L’impero greco e i vicini non avrebbero potuto difendersi se non se col soccorso di qualche nuova arme, di qualche trovato nell’arte della guerra che desse loro una preminenza decisiva sui Turchi; e di quest’arme divennero possessori per una scoperta fattasi nel momento che dovea risolvere sul loro destino. I Chimici dell’Europa, o della Cina, fosse caso, o effetto d’indagini, si erano avveduti che una mescolanza di nitro, di zolfo e di carbone, coll’apprestarle una sola scintilla di fuoco, producea un formidabile scoppio. Nè tardarono indi ad accorgersi che questa forza espansiva compressa entro un tubo di
- ↑ V. le giudiziose e dilettevoli lettere del Busbek.