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dell'impero romano cap. lxv. |
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suoi Consigli; divisi furono i pareri; ma la prudenza del vecchio Manuele dovette cedere alla presunzione di Giovanni figlio del medesimo, e adoperando un’arme pericolosissima alla vendetta, restituì la libertà al vero o falso Mustafà, ch’ei tenea da lungo tempo o ostaggio, o prigioniero, e per cui la Porta Ottomana gli pagava ogni anno trecentomila aspri1. Per uscir di schiavitù, Mustafà acconsentì a qualunque patto, e la restituzione delle Fortezze di Gallipoli, vale a dire delle chiavi d’Europa, fu il prezzo posto alla sua liberazione. Ma appena sedutosi sul trono della Romania, rimandò con disdegnoso sorriso gli Ambasciatori greci, piamente chiarendo loro, che preferiva la necessità di render conto d’un giuramento falso nel dì del giudizio, all’indegno atto di consegnare una città musulmana fra le mani degl’Infedeli. Così Manuele divenne il nemico d’entrambi gli emuli, all’un de’ quali avea fatto ingiuria, dall’altro l’avea ricevuta. Vincitore Amurat, imprese nella seguente primavera l’assedio di Costantinopoli2.
- ↑ L’aspro de’ Turchi derivato dalla parola greca (ασπρος) è, o era una piastra di metallo bianco, o d’argento, il cui prezzo è assai invilito ai dì nostri; ma che allora valeva almeno la cinquantaquattresima parte di un ducato, o zecchino di Venezia, e i trecentomila aspri, si riguardino come pensione, o come tributo, equivalgono in circa a duemila cinquecento lire sterline (Leunclavius, Pandect. turc. p. 407, 408).
- ↑ Intorno all’assedio di Costantinopoli del 1422, V. la relazione distinta e contemporanea di Giovanni Canano, pubblicata da Leone Allazio in fine della sua ediz. di Acropolita (p. 188, 189).