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dell'impero romano cap. lxv. 401

[A. D. 1421] dilacerate dall’ambizione de’ privati, a questa unione grandemente agognavano, e gli sforzi che fecero a tal uopo, offerivano una lezione alle Potenze cristiane. Se le flotte di queste si fossero unite per occupare lo stretto di Gallipoli, ben presto gli Ottomani sarebbero stati annichilati, almeno in Europa; ma lo scisma dell’Occidente, le fazioni e le guerre della Francia e dell’Inghilterra, da sì generosa impresa stoglieano i Latini. Contenti di una passeggiera tranquillità, neghittosi sull’avvenire, l’interesse del momento li spinse più d’una volta a servire il nemico della lor religione. Una colonia di Genovesi1 dimorante a Focea2, sulla costa del mar Ionio, arricchendosi col commercio privilegiato dell’allume3, pagava la sua tranquillità con un tributo

  1. V. Pachimero (l. V, 29), Niceforo Gregoras (l. II, c. 1), Serefeddino (l. V, c. 57) e Duca (c. 25). L’ultimo di questi Scrittori, osservatore esatto ed attento, merita fede soprattutto in quanto all’Ionia e alle sue isole si riferisce. Fra le nazioni che abitavano la novella Focide, nomina gli Inglesi (Ιγγληνοι, Ingleni). Citazione che attesta l’antichità del commercio del Mediterraneo.
  2. Sul sistema di navigazione e sulla libertà dell’antica Focide, o piuttosto de’ Focei, si consultino il primo libro di Erodoto e l’Indice geografico dell’ultimo e dotto traduttore francese di questo illustre Greco, il sig. Larcher (t. VII, p. 299).
  3. Plinio (Hist. natur., XXXV, 52) non comprende la Focide fra i paesi che producono l’allume. Egli nomina primieramente l’Egitto, indi l’isola di Melos, le cui miniere di allume sono state descritte dal Tournefort (t. I, let. IV), uomo del pari commendevole e come viaggiatore, e come naturalista. Dopo avere perduta la Focide, i Genovesi scopersero nel 1459 questo prezioso minerale nell’isola d’Ischia (Ismaël Bouillaud, ad Ducam, c. 25).