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dell'impero romano cap. lxv. 389

Ordini dello Stato, i rappresentanti delle diverse nazioni del Globo, senza escluderne, osserva il superbissimo Storico persiano, gli Ambasciatori di Europa. „Nella stessa guisa, soggiunge costui, le casse, i più piccioli di tutti i pesci, trovano posto nel grande Oceano„1. Il popolo manifestò il suo giubilo con illuminazioni e mascherate. Tutti gli operai di Samarcanda contribuirono col loro ingegno alle feste, nè vi fa maestranza che non procurasse di segnalarsi con qualche nuovo trovato, o singolare spettacolo suggerito dalla natura dell’arte professata. Poichè i Cadì ebbero ratificati i contratti delle nozze, i Principi si ritirarono colle loro spose nelle stanze nuziali, ove, giusta la costumanza degli Asiatici, cambiarono nove volte di vesti. Ad ogni nuovo abbigliamento, le perle e le gemme, di cui s’erano fregiata la testa, venivano disdegnosamente gettate alle persone del seguito. Fu pubblicato un editto di generale perdono, sospesa in quel tempo la forza delle leggi, permesso ogni genere di piaceri; il popolo si trovò libero, e in ozio il Sovrano; e sia pur lecito allo Storico di Timur l’aggiungere, che dopo aver questi consagrati cinquant’anni della sua vita ad ampliare i limiti dell’Impero, non conobbe vera

  1. Serefeddino (l. VI, c. 24) accenna gli Ambasciatori di uno de’ più possenti Sovrani dell’Europa, che noi sappiamo essere stato Enrico III, Re di Castiglia. La relazione delle due ambascerie di questo Monarca, non priva di vaghezza, trovasi in Mariana (Hist. Hispan., l. XIX, c. 11, p. 329, 330; Osservazioni sulla Storia di Timur-Bek, pag. 28-33). Sembra ancora esservi stata qualche corrispondenza fra l’Imperatore Mongul e la Corte di Carlo VII Re di Francia (Hist. de France par Velli e Villaret, t. XII, p. 336).