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dell'impero romano cap. lxv. |
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nese1. Lo zelo religioso e l’onore del nome maomettano lo allettavano a questa impresa; e pareagli non si potesse espiare il sangue versato di tanti Ottomani che con una proporzionata strage d’Infedeli: giunto alle soglie del paradiso, voleva assicurarsi un ingresso più trionfale coll’aver prima distrutti gl’idoli della Cina, fondate moschee in ogni città, e fatto sì che tutta quella vasta Monarchia credesse ad un solo Dio e al suo Profeta. Si arroge che il disastro dei discendenti di Gengis, scacciati di recente della Cina, offendeva l’orgoglio dei Mongulli, e che le turbolenze di quell’Impero, una opportunità offerivano alla vendetta. Quattro anni prima della battaglia di Angora, essendo morto l’illustre Hongvu, fondatore della dinastia dei Ming, il pronipote di lui, debole e misero giovinetto, fu bruciato nel suo palagio, dopo una guerra civile che avea costato la vita ad un milione di Cinesi2. Non aveva anche sgombrata la Natolia, quando Timur inviò oltre al Gihoon un esercito, o piuttosto una colonia de’ suoi antichi e nuovi sudditi per agevolarsi l’ingresso nel paese de’ Calmucchi, e de’ Mongulli idolatri, ch’egli divisava soggiogare, e per fabbricare magazzini e città nel deserto; nè andò guari che per le cure del suo
- ↑ V. Serefeddino (l. V, c. 4) che descrive in un esatto Itinerario la strada della Cina, sol vagamente, e con frasi di retore, indicata da Arabshà (t. II, c. 33).
- ↑ V. Synopsis Hist. Sinicae, pag. 74-76. Nella quarta parte delle relazioni del Thevenot, Du Halde (Hist. de la Chine, t. I, p. 507, 508, ediz. in-fol.); e per la cronologia degl’Imperatori cinesi, il De Guignes (Hist. des Huns, t. I, p. 71, 72).