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376 storia della decadenza

proprie bandiere, fecero valorosamente impeto sui Tartari; ma la simulata e rapida fuga di costoro mise in iscompiglio questi uomini gravati dalle loro armadure di ferro, che si diedero ad inseguirli imprudentemente, lasciando intanto i giannizzeri, soli, privi di cavalleria e di frecce, esposti ai dardi di uno sciame di cacciatori mongulli. Abbattuto finalmente il loro coraggio dalla sete, dal caldo, e dalla moltitudine de’ nemici, il misero Baiazetto, al quale un assalto di gotta toglieva il libero uso delle mani e delle gambe, venne trasportato fuori del campo da uno de’ suoi più rapidi corridori, ma il Kan titolare del Zagatai, corsogli dietro, il fermò. Disfatti i Turchi e prigioniero il Sultano, tutta la Natolia si sottomise al vincitore, che piantato il suo stendardo a Kiotaia, mandò per ogni banda i suoi ministri di rapina e di strage. Mirza, Mehemmed, Sultano primogenito, e il più favorito tra i nipoti di Timur, corse a Bursa seguìto da trentamila uomini a cavallo, e aggiugnendosi in lui l’ardore della giovinezza, in cinque giorni di cammino, sol però con quattromila di coloro che seco partirono, giunse alle porte dalla Capitale, distante dugentotrenta miglia dal campo di Angora; ma più rapide ancora sono le corse suggerite dallo spavento, onde Solimano figlio di Baiazetto, erasi già rifuggito in Europa col tesoro di suo padre. Ciò nullameno Mirza trovò immense spoglie nel palagio e nella città, che prima era rimasta vota d’abitanti. La maggior parte delle case, fabbricate di legno, vennero incenerite. Da Bursa, Mehemmed s’inoltrò fino a Nicea, città tuttavia ricca e fiorente, nè le truppe de’ Mongulli arrestaronsi prima di essere in riva alla Propontide. Così