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dell'impero romano cap. lxv. |
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vasta e fiorente, e da re maomettani, volgean tre secoli, posseduta. L’assedio di questa e soprattutto della Rocca un lungo indugio avrebbe portato; ma Timur, nascondendo le sue forze, adescò a scendere nella pianura il sultano Mamud, cui seguivano il suo Visir, diecimila corazzieri, quarantamila guardie e centoventi elefanti, le cui difese erano, si dice, armate di lame taglienti e venefiche. Timur si abbassò a munirsi di alcune cautele contro cotesti mostri, o piuttosto contro il terrore che inspiravano alle sue truppe. Fatti accendere diversi fuochi e scavare una fossa, ordinò si ergesse una trincea di scudi e punte di ferro; ma l’evento dimostrò ai Mongulli quanto risibile fosse la loro tema; e appena questi mal destri animali furon fugati, la specie inferiore, gl’Indiani, sparve senza combattere. Timur fece il suo trionfale ingresso nella Capitale dell’Indostan, ove ammirata l’architettura della grande moschea, manifestò il disegno di fabbricarne una simile; ma l’ordine, o la permissione di un saccheggio e di una strage generale contaminò le feste della vittoria. Risolvè poscia di purificare i suoi soldati nel sangue degl’idolatri, o gentili, che superavano di numero i Musulmani nella proporzione di dieci a uno; e per mandare ad effetto questa pia brama, portatosi a greco di Dely, passò il Gange, diede molte battaglie per terra e per mare, innoltrandosi fino alla famosa roccia di Cupela, che sotto forma di giovenca, sembra vomitare quel fiume, la cui sorgente scaturisce dalle montagne del Tibet1. Indi tornò ad-
- ↑ I due grandi fiumi, il Gange e il Burampooter, traggono la loro sorgente nel Tibet dai fianchi opposti della ca-