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dell'impero romano cap. lxv. | 353 |
cento miglia, avrebbe potuto soddisfare l’ambizione di un suddito: ma Timur aspirava al trono del Mondo, e prima della sua morte avea aggiunte ventisei corone a quella del Zagatai. Senza diffondermi sulle vittorie di trentacinque azioni campali, o seguitare Timur nelle sue continue corse sul continente dell’Asia, racconterò in succinto le sue conquiste. I, in Persia; II, in Tartaria; III, nell’India1; d’onde procederò al racconto più rilevante, della guerra che contro i Turchi sostenne.
I. La giurisprudenza de’ conquistatori somministra abbondantemente motivi di sicurezza, d’indispensabil vendetta, di gloria, di zelo, di diritto e di convenienza a tutte le guerre che imprendono. Non appena Timur avea unito la Carizmia e il Candahar al suo patrimonio del Zagatai, volse i suoi pensieri ai regni dell’Yran, o della Persia. La vasta contrada che dall’Osso al Tigri si estende, non riconosceva più alcun Sovrano legittimo dopo la morte di Abusaid, ultimo discendente del grande Holagoù. Essendo da quarant’anni esuli da questo paese la giustizia e la pace, parea che Timur, coll’invaderlo, esaudisse i voti di un popolo oppresso. I piccioli tiranni che tribolavan la Persia, e che, collegati, avrebbero potuto difendersi, combattettero disgiuntamente, e soggiacquero tutti, senz’altra differenza ne’ loro destini, fuor quella che potè derivare dalla prontezza loro nel sottomettersi, o dalla pertinacia nel resistere. Ibraim, Principe di Sirvan, o d’Albania, baciando i
- ↑ Il secondo e il terzo Libro di Serefeddino narrano le conquiste della Persia, della Tartaria, e dell’India; parimente Arabshà (c. 13-35). V. anche il prezioso Indice delle Instituzioni.