Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XII.djvu/355


dell'impero romano cap. lxv. 351

sintanto che il suo coraggio e i rimorsi del suo oppressore nel liberarono. Dopo avere attraversata a nuoto la larga e rapida corrente del Gihoon, o Osso, condusse per molti mesi, sulle frontiere dei vicini Stati, la vita errante di un esule e d’un proscritto; ma l’avversità gli contribuì al più grande splendore di fama; perchè egli apprese a discernere fra i compagni della sua fortuna coloro che per amore di lui gli erano affezionati, e a valersi dell’ingegno, o del carattere degli uomini in vantaggio loro e proprio soprattutto. Rientrato nella sua patria Timur, gli si unirono a mano a mano diverse fazioni di confederati che l’aveano cercato con ansietà nel Deserto. Non posso ristarmi dall’offerire in questo luogo, senza privarla della sua ingenua semplicità, la narrazione di uno di questi felici incontri, occorso a Timur, allorquando lo chiesero in loro Duce tre Capi seguìti da settanta uomini a cavallo. „Allorchè, egli dice, volsero gli occhi sopra di me, non potevano capire in sè medesimi dalla gioia, e scesero giù dai lor cavalli, e vennero e s’inginocchiarono dinanzi a me e baciarono le mie staffe. Smontai anch’io da cavallo e me li strinsi fra le braccia l’un dopo l’altro, e misi il mio turbante sulla testa del primo Capo, e passai attorno ai lombi del secondo un cinturino tempestato di gemme e lavorato in oro, e vestii del mio abito il terzo; ed essi piangevano e piangeva ancor io; e l’ora della preghiera era giunta, e pregammo insieme. E noi rimontammo sui nostri cavalli e venimmo alla mia abitazione; e adunai il mio popolo, e feci un convito„. Le più valorose tribù non tardarono ad unirsi a queste fedeli bande, che Timur guidò contro un nemico superiore di