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dell'impero romano cap. lxiv. 337

mento, gli stessi giannizzeri; ma vennero finalmente oppressi dal grande numero di squadroni che, sbucati dai boschi, assalirono d’ogni banda questo drappello d’intrepidi cavalieri. In tal giornata funesta ai Cristiani, i nemici medesimi di Baiazetto dovettero ammirare il segreto e la rapidità delle sue corse, l’ordine serbato nella battaglia, la dottrina delle militari fazioni: ma non gli viene risparmiata la taccia di avere inumanamente abusato della vittoria. Rispettando unicamente le vite del Conte di Nevers e di ventiquattro Principi, o Signori, il grado e l’opulenza de’ quali attestati gli furono da’ suoi interpreti, fece condursi dinanzi a mano a mano tutti gli altri prigionieri francesi, i quali, ricusando di abbiurare la propria religione, vennero per ordine del Sultano, e alla presenza di lui, decollati. A sì atroce vendetta lo spinse la perdita de’ suoi valorosi giannizzeri; e se fosse vero che nel giorno precedente alla battaglia, i Francesi avessero trucidati i prigionieri fatti ai Turchi1, i primi non avrebbero dovuto imputar che a sè stessi gli effetti di una giusta rappresaglia. Uno fra’ cavalieri de’ quali Baiazetto avea salvata la vita, ottenne la permissione di trasferirsi a Parigi, per raccontare colà questa lamentevole storia, e sollecitare il riscatto de’ Principi prigionieri. In questo mezzo, l’esercito turco trasportavasi seco dovunque andava il Conte di Nevers e i Baroni francesi, additati a mano a mano come trofeo a tutti i Musulmani dell’Europa e dell’Asia; e giunti a Bursa,

  1. Al proposito di questo odioso racconto, l’abate di Vertot cita la Storia anonima di S. Dionigi, l. XVI, c. 10-11; Ordre de Malte, t. II, p. 310.