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basside e ai successori di Maometto. Il nuovo Sultano, geloso di meritarsi questo titolo, portò la guerra nell’Ungheria, teatro perpetuo e de’ trionfi, e delle sconfitte de’ Turchi. Sigismondo, re di questa contrada, essendo figlio e fratello degl’Imperatori d’Occidente, la causa di lui, quella della Chiesa e dell’Europa divenne. Alla prima voce del pericolo in cui si trovava, i più valorosi tra i Cavalieri franchi e alemanni si affrettarono a combattere santamente sotto le bandiere del Monarca chiamato a disfida. [A. D. 1396] Ma Baiazetto nella giornata di Nicopoli, sconfisse un esercito di cenmila Cristiani, datisi orgogliosamente il vanto di poter sostenere sulle punte delle loro lancie il cielo, se questo fosse venuto a cadere. Perito il maggior numero d’essi sul campo, e molti annegatisi nel Danubio, Sigismondo dopo essersi rifuggito a Costantinopoli per la via del mar Nero, fu obbligato ad un lungo giro per ritornare nell’estenuato suo regno1. In mezzo all’orgoglio della vittoria, Baiazetto minacciò di assediar Buda, d’invadere l’Alemagna e l’Italia, di dar la biada al suo cavallo sull’altar maggiore di S. Pietro a Roma. Ma questi divisamenti impacciati vennero, non dalla miracolosa intercessione dell’Apostolo, non da una crociata delle potenze cristiane, ma da un lungo e violento assalto di gotta. Talvolta gl’inconvenienti del Mondo fisico hanno portato rimedio ai disordini del

  1. V. le Decades rerum hungaricarum (Dec. III, l. II, p. 379) del Bonfini, Italiano, che nel secolo XV fu chiamato in Ungheria per comporre ivi la sua eloquente Storia di quel reame. Le preferirei per altro una rozza cronica del paese scritta in que’ tempi, se sapessi che vi fosse, e come procacciarmela.