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dell'impero romano cap. lxiv. 329

e da quel d’Europa, dalle forze di una stessa potenza nemica. Nondimeno Amurat, fosse per prudenza, o per generosità, sospese ancora per qualche tempo questa facil conquista, bastando al suo orgoglio di farsi comparire innanzi per più riprese l’imperatore Giovanni Paleologo e i quattro figli del medesimo, i quali appena ricevutone il comando, alla Corte, o al campo del Principe ottomano si trasferivano. Portate successivamente l’armi contra gli Schiavoni che abitavano tra il Danubio e il mare Adriatico, contra i Bulgari, i Serviani, e i popoli della Bosnia e della Albania, debellò con ripetute scorrerie queste bellicose tribù, rinomate per avere sì di frequente insultato l’Impero romano. Il lor territorio, nè d’oro, nè d’argento abbondava: quei rustici abituri non erano arricchiti dal commercio, o abbelliti dall’arti del lusso; ma i nativi di queste contrade si segnalarono in tutte le età per vigore di corpo e forza di coraggio; onde poi, una saggia istituzione, li guidò ad essere i più fermi e fedeli sostegni della grandezza Ottomana1. Il Visir di Amurat, ricordò al suo Sovrano che le leggi di Maometto gli concedeano la quinta parte delle prede e de’ prigionieri fatti sugl’Infedeli, aggiugnendo che col mettere vigilanti ufiziali a Gallipoli, questi avrebbero facilmente riscosso a quel passo un tale tributo, e avuta ivi maggiore agevolezza di scegliere i meglio formati e più vigorosi fanciulli de’ Cristiani. Approvato il suggerimento, e pubblicato l’editto, migliaia di prigionieri europei vennero educati nel culto di Maometto e nella scuola dell’armi. Un celebre Der-

  1. V. Cantemiro p. 37-41 e le rilevanti sue note.