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dell'impero romano cap. lxiv. 323

il suo liberatore, lo invitò ad entrare nella città, accompagnando l’invito con un donativo di cento cavalli e di preziosi ornamenti; ma per un riguardo singolare di delicatezza, il Barbaro che nudriva sensi tutt’altro che barbari, ricusò di vedere la moglie dell’amico infelice, e di godere, mentre questi stava lontano, le delizie del suo palagio; sopportando entro la propria tenda l’inclemenza della stagione, rifiutò i favori offertigli dall’ospitalità per sofferire in comune co’ suoi duemila compagni ben degni, siccome il Duce, degli onori che lor venivano tributati. La brama che lo ardea di vendicar Cantacuzeno, e il bisogno di vivere, sono la scusa delle scorrerie che sulla terra e sull’acque in questo mezzo si fece lecite. Lasciati novemila cinquecento uomini in guardia della sua flotta, vagò indarno per tutta la provincia a fine di rinvenire l’amico. Ma alcune false lettere, i rigori del verno, il mal umore de’ suoi volontarj, la ricchezza delle fatte prede e la moltitudine de’ prigionieri, finalmente lo persuasero a rimbarcarsi. Nel corso della guerra civile, il Principe della Jonia tornò per due volte in Europa, e unite le sue truppe a quelle di Cantacuzeno, assediò Tessalonica, e Costantinopoli minacciò. La calunnia ha tratti motivi di censurarlo dalla poca bastevolezza de’ soccorsi che egli aveva arrecati, dalla sua affrettata partenza, e da un dono di diecimila scudi che dalla Corte di Bisanzo accettò; ma l’amico si mostrò contento di lui, e per altra parte la condotta di Amiro veniva assai giustificata dalla necessità di difendere i suoi Stati ereditarj contro i Latini. Il Papa, il Re di Cipro, la Repubblica di Venezia e l’Ordine di S. Giovanni si erano collegati alla lodevole impresa di liberare i mari dal predominio che