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322 storia della decadenza

secondo Andronico, il figlio di Otmano terminò, quasi senza trovar resistenza, la conquista della Bitinia; le stesse divisioni de’ Greci incoraggiarono gli Emiri turcomani della Lidia e della Jonia ad allestire una flotta, con cui devastarono le vicine isole della costa d’Europa. Ridotto a difendere l’onore e la vita, Cantacuzeno, o volesse prevenire, o imitare i suoi avversarj, ricorse ai nemici del suo paese e della sua religione. Amiro, figlio di Aidino, sotto vesti maomettane ascondea la cortesia e la gentilezza che ad un Greco sarebbersi addette; vincoli di mutua stima e di servigi scambievoli, lo univano al Gran Domestico, onde l’amicizia di questi due personaggi, giusta il linguaggio de’ tempi, a quella di Oreste e Pilade venne paragonata1. Uditi dal Principe di Jonia i pericoli fra i quali avvolgeasi l’amico suo, da un’ingrata Corte perseguitato, allestì una flotta di trecento vele e un’armata di ventinovemila uomini, con cui salpando nel cuor del verno, venne a gettar l’áncora alla foce dell’Ebro. Seguìto da una scelta truppa di duemila Turchi, Amiro s’innoltrò lungo le rive del fiume, e pervenne a liberare l’Imperatrice, che i selvaggi Bulgari teneano assediata entro la città di Demotica. In questo tempo il caro amico di lui Cantacuzeno rifuggitosi nella Servia, lasciava ignorare il proprio destino. Irene, impaziente di vedere in volto

  1. Niceforo Gregoras si è diffuso volentieri nel descrivere l’amabilità dell’indole di Amiro (l. XII, 7; l. XIII, 4-10; XIV, 1-9; XVI, 6). Cantacuzeno parla con onore del suo confederato (l. III, c. 56, 57-63, 64-66, 67, 68-86, 89-96); ma protesta contro l’accusa datagli di propensione verso i Turchi negando in tal qual modo la possibilità di una così poco naturale amicizia (l. IX, c. 40).