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310 | storia della decadenza |
tredici milioni di sudditi che vi morivan di fame. Finalmente, cento quarant’anni dopo la morte di Gengis, i Cinesi, stanchi dal sofferire, avendo scacciata dal trono la dinastia de’ Yuen, stirpe tralignata di quel famoso conquistatore, il nome degl’Imperatori Mongulli tornò a dileguarsi in mezzo ai deserti. Anche prima di questo definitivo cambiamento politico, aveano perduta la loro supremazia sopra diversi rami di loro famiglia, perchè i Kan del Kipsak o della Russia, del Zagatai o della Transossiana, dell’Iran o della Persia, solo in origine luogo-tenenti del Gran Kan, forniti di molto potere, e in tanta lontananza dal loro Capo supremo, non trovarono cosa difficile lo sciogliersi dai doveri dell’obbedienza, e dopo la morte di Cublai disdegnarono accettare uno scettro, o un titolo dagli spregevoli Principi che gli succedettero. Giusta le circostanze in cui si trovarono, alcuni di essi mantennero la semplicità primitiva de’ costumi pastorali, altri al lusso delle città asiatiche dieder ricetto; ma così i Principi come i popoli si mostrarono ad abbracciare un nuovo culto disposti. Dopo avere esitato tra l’Evangelio e il Corano, preferirono la religione di Maometto, riguardando siccome fratelli gli Arabi ed i Persiani, e rompendo ogni corrispondenza co’ Mongulli, o idolatri della Cina.
[A. D. 1240-1304] Può essere giusto soggetto di maraviglia come in un così generale sconvolgimento l’Impero romano, smembrato dai Greci e dai Latini, abbia potuto salvarsi dall’invasione de’ Tartari. Immensamente lontani dal poter d’Alessandro, i Greci gli si rassomigliavano nel vedersi e in Asia e in Europa incalzati dai pastori della Scizia, nè v’ha dubbio che Costantinopoli avrebbe sofferta la sorte di Bagdad, di Pechino,