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dell'impero romano cap. lxiv. |
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usi, e fino i pregiudizj del popolo conquistato: pacifico trionfo de’ vinti, non privo d’esempli nella Storia, e che i Cinesi dovettero al loro numero ad anche al loro stato abituale di servitù. Gl’Imperatori de’ Mongulli vedendo i loro eserciti pressochè confusi coll’immensa popolazione di un così vasto reame, si conformarono di buon grado ad un sistema politico, che offrendo ai Principi i godimenti reali del potere dispotico, lasciava ai sudditi l’esca dei vani nomi di filosofia, di libertà e di filiale obbedienza. Fiorirono sotto il regno di Cublai il commercio e le Lettere; i popoli godettero le beneficenze della giustizia e le soavità della pace. Allora il gran canale di cinquecento miglia che conduce da Nankin alla capitale, fu aperto. Posta la sua residenza a Pechino, il Monarca e la sua Corte vi sfoggiarono della magnificenza de’ più ricchi Sovrani dell’Asia. Nondimeno questo saggio Principe si allontanò dalla purezza e dalla semplicità della religione che l’avo suo aveva abbracciata; onde coll’offrire sagrifizj all’idolo di Fò, e col sommettersi ciecamente ai Lama e ai Bonzi, si meritò le censure de’ discepoli di Confucio1. [A. D. 1259-1300] I successori di lui imbrattarono la Reggia, empiendola di una folla di eunuchi, di empirici e di astrologhi, non si curando della penuria della provincia e di
- ↑ L’affezione dei Kan verso i Bonzi e i Lama della Cina, tanto odiati dai Mandarini (Dubalde, Hist. de la Chine, tom. I, pag. 502, 503), parrebbe una prova che i ridetti Bonzi e Lama fossero sacerdoti del Fò, divinità dell’India, il culto della quale prevalse appo le Sette dell’Indostan, di Siam, del Tibet, della Cina e del Giappone. Ma questo misterioso argomento è avvolto fra nubi, che forse le sole ricerche della nostra società asiatica potranno giungere a dileguare.