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scaramucce, se poniam mente agli eserciti che combattettero e perirono nelle pianure dell’Asia„. Settecentomila Mongulli, o Tartari mossi, dicesi, sotto il comando di Gengis e de’ quattro suoi figli, incontrarono nelle vaste pianure poste a tramontana del Shion o dell’Jaxarte, il Sultano Mohammed a capo di quattrocentomila guerrieri; e nella prima battaglia, che durò fino a notte, censessantamila Carizmj rimasero morti sul campo. Mohammed, sorpreso dal numero e dal valore de’ suoi nemici, fe’ sonare a ritratta, distribuendo le sue truppe nelle città di frontiera, perchè persuadeasi che cotesti Barbari, invincibili sul campo di battaglia, non la durerebbero contro la lunghezza e la difficoltà de’ tanti assedj regolari che per ridurlo era mestieri intraprendere; ma Gengis avea saggiamente instituito un corpo di meccanici e di ingegneri cinesi, instrutti forse del segreto della polvere, e capaci, sotto un tal condottiero, di assalire estranei paesi con quel vigore che nel difendere la loro patria non dimostrarono, e di ottenere miglior successo. Gli Storici persiani narrano gli assedj e le rese di Otrar, Cogenda, Boccara, Samarcanda, Carizme, Herat, Meroù, Nisabour, Balc, e Candahar, la conquista delle ricche e popolose contrade della Transossiana, di Carizme, e del Korazan. Ma poichè le devastazioni operate da Gengis e dai Mongulli vennero da noi descritte nel volere offrire un’idea de’ tremendi effetti che dovettero conseguire dalle invasioni degli

    c. 60, p. 8). Nella parte che si riferisce alla Storia di Gengis e dei Mongulli, trovansi, come in tutte le opere di questo scrittore, molte considerazioni giudiziose e verità generali mescolate con alcuni particolari errori.