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dell'impero romano cap. lxiv. | 291 |
per divenirsi scambievol pastura, e giunti a non avere più sassi, lanciavano verghe d’oro e d’argento sull’inimico. Ma i Mongulli fecero saltare in mezzo della città una mina che pose in fiamme l’Imperiale palagio, incendio che per trenta giorni durò. Oltre alla distruzione che i Tartari portarono in quello sfortunato paese, le interne fazioni lo dilaceravano; laonde con minore difficoltà Gengis aggiunse al suo dominio cinque province settentrionali di quel reame.
[A. D. 1218-1224] Verso ponente, i possedimenti di Gengis pervenivano ai confini degli Stati di Carizme, che si estendevano dal golfo Persico fino ai limiti dell’India e del Turkestan, e governavali il Sultano Mohammed, il quale ambizioso d’imitare Alessandro il Grande, avea dimenticato che i suoi Maggiori fossero stati sudditi, e dovessero gratitudine ai Selgiucidi. Gengis deliberato di mantenersi in lega di commercio e d’amistà col più poderoso fra i Principi musulmani, non diè ascolto alle segrete sollecitazioni del Califfo di Bagdad, che voleva sagrificare alla sua vendetta personale la religione e lo Stato; ma un atto di violenza e d’inumanità commesso da Mohammed, trasse con giustizia l’armi de’ Tartari nell’Asia Meridionale. Costui fece arrestare e trucidare ad Otrar una carovana composta di tre ambasciatori e di cencinquanta mercatanti. Ciò nullameno, sol dopo avere chiesta soddisfazione e vedersela ricusata, sol dopo orato, e digiunato tre giorni sopra d’una montagna, l’Imperator de’ Mongulli si appellò al giudizio di Dio e della sua spada. „Le nostre battaglie d’Europa, dice uno scrittore filosofo1, non sono che deboli
- ↑ Voltaire, (Essai sur l’Histoire génerale, tom. III,