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dell'impero romano cap. lxiii. 273

pieno di rischi alle droghe e alle gemme dell’India che condotte dalle carovane di Carizmia, trovavano dopo un cammino di tre mesi i navigli italiani nei porti della Crimea1. Di tutti questi rami di commercio impadronitisi i Genovesi, costrinsero i Veneziani e i Pisani ad abbandonarli. Colle città e colle Fortezze che di soppiatto innalzavano dalle fondamenta delle modeste lor fattorie, teneano in rispetto i nativi, e vani furono gli sforzi de’ Tartari nell’assediar Caffa2, principale possedimento de’ Genovesi nella Crimea. I Greci sforniti affatto di navilio, dipendeano in tutto da questi arditi mercatanti, che a seconda del loro capriccio o interesse, or provvedevano, or affamavano Costantinopoli. Appropriatisi questi la pesca e le dogane, poser mano fin sui regali diritti del Bosforo, d’onde traevano una rendita di dugentomila piastre d’oro, lasciandone a fatica all’Imperatore sol trentamila3. Fosse tempo di pace o di guerra, Galata, ossia la colonia di Pera, come Stato independente si comportava, a talchè spesse volte il Podestà genovese dimenticavasi della sua re-

  1. V. De Guignes (Storia degli Unni, t. III, p. 343, 344; Viaggi di Ramusio, t. I, fog. 400). Ma questa condotta per terra, o per mare non potè eseguirsi che quando le bande de’ Tartari furono unite sotto il governo di un Principe saggio e potente.
  2. Niceforo Gregoras (l. XIII, cap. 12) mostra discernimento e cognizioni ad un tempo nel descrivere il commercio e le colonie del mar Nero. Chardin descrive le rovine di Caffa, ove in quaranta giorni vide più di quattrocento vele impiegate al commercio di pesce e di grano. (Viaggio di Persia, t. I, p. 46-48).
  3. V. Niceforo Gregoras, t. XVII, c. 1.