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del Ponto Eussino siccome una parte di lor patrimonio; la qual prerogativa de’ medesimi, sotto il regno di Michele Paleologo, fu riconosciuta dal Sultano d’Egitto, che sollecitò ed ottenne la permissione di spedire ogni anno un vascello nella Circassia e nella picciola Tartaria per l’acquisto di schiavi, acquisto perniciosissimo ai Cristiani, perchè questi schiavi veniano educati all’uopo di rinforzare il formidabile esercito de’ Mammalucchi1. La colonia genovese di Pera datasi con vantaggio ad un commercio lucroso sul mar Nero, somministrava ai Greci e grani e pesci, derrate quasi egualmente indispensabili ad un popolo superstizioso. Sembra che la natura faccia crescere da sè medesima le copiose messi dell’Ucrania; chè, certo la coltivazione di quel territorio è trascurata oltre ogni dire e selvaggia; e gli enormi storioni pescati verso la foce del Don e Tanai, allorchè si conducono nelle acque grasse e profonde delle Paludi Meotidi, offrono una sorgente inesausta al commercio del caviale e del pesce salato2. Le acque dell’Osso, del mar Caspio, del Volga e del Don aprivano un passaggio faticoso e

  1. Pachimero (lib. III, c. 3, 4, 5) e Niceforo Gregoras sentono e deplorano entrambi gli effetti d’una sì perniziosa condiscendenza. Bibaras, Sultano d’Egitto, e Tartaro di nazione, ma zelante Musulmano, ottenne dai figli di Zingis la permissione di fabbricare una moschea nella capitale della Crimea (De Guignes, Ist. degli Unni t. III, p. 343).
  2. Chardin a Caffa (Viaggi in Persia, t. I, p. 48) fu assicurato che questi pesci, lunghi talvolta sin ventisei piedi, pesavano ottocento e novecento libbre, e produceano tre o quattro quintali di caviale o d’uova. Ai tempi di Demostene, il Bosforo mantenea di grani la città di Atene.