Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XII.djvu/263


dell'impero romano cap. lxiii. 259

perdono delle offese, obbligò la Principessa con giuramento di eterno odio, minacciandola delle tremende folgori della scomunica se questo giuramento infrangea1. Anna di Savoia, confermatasi ne’ sentimenti dell’odio per timore dell’anatema, nol paventò in appresso, quando sembrava che il Patriarca mutasse d’avviso; perchè all’odio si aggiunse la gelosia, mossa dal pensare che una riconciliazione con Cantacuzeno la esponeva a vedersi in competenza di un’altra Imperatrice. Un tal pensier tormentoso rendendola indifferente sulle calamità dell’Impero, ella minacciò a sua volta il Patriarca, mostratosi proclive alla pace, di radunare un Sinodo e rimoverlo dalla sua dignità. Di cotali dissensioni e di questa incapacità de’ nemici avrebbe potuto in concludente modo vantaggiar Cantacuzeno; ma la debolezza delle due fazioni non valse che a protrarre la guerra civile, e a tal proposito la moderazione dello stesso Cantacuzeno fu qualificata d’indolenza e di timidezza. Ciò nonostante datogli tempo di occupare a mano a mano le città e le province, i dominj dell’Imperatore pupillo al solo recinto di Costantinopoli vedeansi ridotti. Ma in quello stato di cose, la sola Capitale contrabbilanciava il rimanente dell’Impero, e prima di accingersi a così rilevante conquista, l’Imperatore esterno volle procacciarsi e partigiani e segrete intelligenze al di dentro.

[A. D. 1347] Un Italiano, di cognome Fac-

  1. Cantacuzeno dà tutte le colpe al Patriarca, risparmiando l’Imperatrice madre del suo Sovrano (l. III, 33, 34), contro della quale Niceforo mostra una singolare avversione (l. XIV; 10, 11; XV, 5); però questi due autori alludono a tempi diversi.