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nel cortile interno per sollecitare colla sua presenza il lavoro degli architetti, due coraggiosi prigionieri della famiglia de’ Paleologhi, armati di bastoni, e dalla disperazione animati, si scagliarono sull’Ammiraglio che stesero morto ai loro piedi1. Grida di vendetta e di libertà rintronarono d’ogn’intorno, tutti i prigionieri infransero le lor catene, e sbarrati gl’ingressi di quell’edifizio esposero sui merli la testa di Apocauco, sperando ottenere l’approvazione del popolo e la clemenza dell’Imperatrice, cui forse non dispiaceva tanto il vedersi sciolta d’un arrogante ed ambizioso ministro; ma mentre questa nelle sue deliberazioni esitava, la plebe, e soprattutto le ciurme de’ marinai, eccitate dalla vedova dell’Ammiraglio, atterrarono gli ostacoli che ad entrar nella prigione opponeansi, facendo man bassa sui primi che lor si offerivano. Que’ prigionieri, in gran numero innocenti della morte di Apocauco, o che piuttosto non parteciparono alla gloria di averlo punito, rifuggitisi in un tempio, vennero trucidati a piè degli altari; talchè la morte di questo scellerato non produsse effetti men sanguinosi della sua vita. Ciò nulla meno al solo ingegno di costui reggeasi la causa del giovine Imperatore, perchè i partigiani di Apocauco, gelosi gli uni degli altri, trasandavano le cose della guerra, e nel tempo stesso ricusavano ogni offerta di pace. Fin sul principio delle civili discordie, l’Imperatrice avea compreso e confessato ella stessa che i nemici di Cantacuzeno la ingannavano, ma il Patriarca, dopo avere predicato con forza contro il

  1. Intorno alla morte di Apocauco, V. Cantacuzeno (l. III, c. 86) e Niceforo Gregoras (l. XIV, c. 10).