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nare la reggenza e di ritirarsi in un monastero. Allorchè un bando lo promulgò pubblico nemico, la prima risoluzione di Cantacuzeno era stata quella di correre ai piedi del Principe, e offrire senza querelarsi, o resistere il suo capo alla scure; solamente con ripugnanza si fece infine ad ascoltare la voce della ragione, e a meditare che essendo proprio dovere il salvare la sua famiglia e gli amici, non potea riuscire in questo senza impugnar l’armi e assumere il titolo di Sovrano.

[A. D. 1341] Nella Fortezza di Demotica, suo retaggio particolare, l’Imperatore Giovanni Cantacuzeno i purpurei coturni vestì; nella qual cerimonia i Nobili suoi congiunti gli calzarono la gamba destra, e la sinistra que’ condottieri latini, ai quali lo stesso Giovanni avea conferito l’ordine della cavalleria. Ma sollecito, ancor ribellando, di serbare le forme della fedeltà, volle che prima del proprio nome e di quello d’Irene sua moglie, venissero acclamati quelli di Paleologo e di Anna di Savoia; e benchè una vana cerimonia mal giovi a palliare la ribellione, nè veruna ingiuria personale ricevuta divenga valevole scusa al suddito che brandisce l’armi contra il Sovrano, i pochi apparecchi che precedettero questa fazione, e il mal successo che la seguì, possono servir di conferma a quanto Cantacuzeno accerta, cioè essere egli stato condotto ad un passo così decisivo men dalla scelta che dalla necessità. Costantinopoli si mantenne fedele al giovine Imperatore; il Re de’ Bulgari fu sollecitato a venire in soccorso della città di Andrinopoli. Le principali città della Tracia e della Macedonia, dopo avere esitato per qualche tempo, abbandonarono le parti del Gran Domestico; perchè i