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dell'impero romano cap. lxiii. 251
famigliarità, e durante la malattia di Andronico, questi mostrò il desiderio di toglier di mezzo la distanza che li separava, pregando il suo amico ad accettare il diadema e la porpora. Il Gran Domestico ebbe virtù bastante per resistere ad una offerta così seducente; almeno egli lo afferma nella sua Storia. L’ultimo testamento di Andronico il Giovane nominò Cantacuzeno tutore del figlio e Reggente dell’Impero.

[A. D. 1341] Se in compenso de’ prestati servigi, il Reggente avesse ottenuta una giusta retribuzione di gratitudine e di docilità, la purezza del suo zelo per gl’interessi del pupillo non si sarebbe forse smentita1. Cinquecento scelti soldati difendevano la persona del giovine Imperatore e la reggia; vennero celebrate con decoro le esequie del defunto Andronico; la tranquillità della Capitale ne annunciava la sommessione; cinquecento lettere inviate nelle province entro il primo mese che seguì la morte del Monarca, le fecero istrutte delle ultime volontà del medesimo. Ma questa felice prospettiva di una tranquilla minorità fu distrutta dall’ambizione del Gran Duca o ammiraglio Apocauco, la cui perfidia vien dipinta sotto le più odievoli forme dall’augusto Storico che confessa la propria imprudenza nell’avere innalzato Apocauco alla dignità di Gran Duca, a malgrado dell’opinione contraria del defunto Sovrano che avea più acume di lui. Audace e scaltro, prodigo e dominato dalla

  1. V. la Reggenza e il regno di Giovanni Cantacuzeno, e la guerra civile cui diede origine, nella Storia scritta da lui medesimo (l. III, c. 1-100, p. 348-700), e parimente nella Storia di Niceforo Gregoras (lib. XII, c. 1, l. XV, c. 9, p. 353-482).