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dell'impero romano cap. lxiii. 245

giunse l’indebolimento della vista. Ciascun giorno, diveniva più rigorosa la sua prigionia; e nel tempo di un’assenza e di una infermità del suo nipote, i barbari carcerieri con minaccia di morte il costrinsero a dimettere la porpora per abbracciare l’abito e la professione monastica. Il frate Antonio (che l’infelice assunse un tal nome) avea bensì rinunziato alle vanità del Mondo, ma si trovò alla necessità di chiedere che la sua rozza lana da frate fosse foderata di pelliccia per difendersi dai rigori del verno: il vino gli era proibito dal confessore, l’acqua dal medico; onde fu obbligato a non usar d’altra bevanda fuor del sorbetto d’Egitto; e l’antico Imperator de’ Romani, non senza fatica giunse a procurarsi tre o quattro piastre d’oro per provvedere a sì modesti bisogni. Se poi è vero che di questo poco danaro egli si valse ad alleviare i mali d’un amico che si trovava in angustie anche maggiori, un tal sagrifizio non è privo di merito agli occhi della religione e della umanità. [A. D. 1332] Quattro anni dopo la sua rinunzia, Andronico, ossia frate Antonio, spirò nella sua celletta in età di settantaquattro anni, e quanto gli poterono promettere gli ultimi discorsi dell’adulazione si stette in una corona più splendida di quella che in questo corrotto Mondo aveva portata1.

Il regno di Andronico il Giovane non fu nè più

  1. V. Niceforo Gregoras (lib. IX, 6, 7; 8-10-14; l. X, c. 1). Questo Storico partecipò alla prosperità del suo benefattore, lo seguì nel ritiro. Un uomo che segue il suo padrone fino al talamo ferale, o nel monastero, non dovrebbe essere con leggerezza qualificato, siccome uom mercenario, e prostitutore d’elogi.