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dell'impero romano cap. lxiii. 241

pel suo governo, i turbolenti non poteano fondare le loro speranze di trionfare e di rovesciare il trono che sopra la fuga e il soccorso degli stranieri. Il Gran Domestico, Giovanni Cantacuzeno era l’anima della colpevole impresa. Dal punto che egli abbandonò fuggendo Costantinopoli, incominciano i suoi Comentarj e gli atti che lo danno a conoscere. Il suo amore verso la patria, è egli solo che il lodi; quanto poi allo zelo e alla destrezza di cui diè prova a favore del suo protetto, anche uno Storico della parte contraria gli rende giustizia. Il giovine Andronico adunque fuggito dalla Capitale col pretesto di andare alla caccia, spiegò, giunto ad Andrinopoli lo stendardo della ribellione, ed ebbe in breve sotto di sè un esercito di cinquantamila uomini, che, per sentimento di dovere o di onore, contra i Barbari non avrebbero prese l’armi. Una forza sì ragguardevole era quanto bastava per salvar l’Impero, o per imporgli la legge; ma dominando la discordia ne’ consigli de’ ribellanti, procedeano lenti ed incerti, intanto che la Corte di Costantinopoli con sorde pratiche e negoziati le costoro fazioni impacciava. Laonde avvenne che i due Andronici durarono sette anni protraendo, sospendendo, rinovando le disastrose loro contestazioni. Con un primo Trattato si spartirono fra loro gli avanzi dell’impero, rimanendo Costantinopoli, Tessalonica e le isole al vecchio Andronico, e divenendo il Giovine indipendente Sovrano di quasi tutta la Tracia, da Filippi fino alle pertenenze di Bisanzo. [A. D. 1325] Mediante un secondo Trattato il giovine Andronico si assicurò l’immediata incoronazione, il pagamento di quanto era dovuto al suo esercito, un parteggiamento eguale di rendite e di potere