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20 storia della decadenza

nico1. Il Popolo accorse all’armi; dalle coste dell’Asia il tiranno inviò e truppe e galee che la vendetta pubblica favoreggiassero; onde l’impotente resistere degli stranieri non divenne che un pretesto al raddoppiato furore de’ loro uccisori. Nè età, nè sesso, nè vincoli d’amicizia o di parentado poterono salvar le vittime che l’odio, il fanatismo, e l’avarizia aveano consagrate alla morte. Trucidati per le strade e nelle lor case i Latini: ridotto in cenere il rione ove abitavano: arsi i sacerdoti nelle proprie chiese, gl’infermi ne’ loro ospitali. Somministrerà un’idea di questa carnificina l’atto di clemenza che la terminò. Furono venduti ai Turchi quattromila Cristiani, che sopravvissero alla general proscrizione. I preti e i frati furono quelli che più operosi e inviperiti alla distruzione de’ scismatici si dimostrarono, e fu cantato pietosamente un Te Deum, poichè il capo d’un Cardinale romano, Legato pontifizio, videsi separato dal suo busto, e trascinato a coda di cavallo per le strade della città fra i barbari scherni d’un’inferocita ciurmaglia. I più prudenti Latini al primo sentore della sommossa si erano riparati nelle proprie navi, e attraversando l’Ellesponto, a questa scena d’orror si sottrassero. Nella loro fuga però, portarono strage ed incendio sulla costa greca per una estensione di dugento miglia, e usando crudel rappresaglia su que’ sudditi dell’Impero che erano innocenti, sfogarono soprattutto il proprio furore sui

  1. V. le relazioni de’ Greci e de’ Latini in Niceta (Alessio Comneno c. 10) e in Guglielmo di Tiro (l. XXII; c. 10, 11, 12, 13); moderata e concisa la prima, verbosa, veemente e tragica la seconda.