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leologo che la elezione di un patriarca riguardavasi come il più serio affar dello Stato. I Capi della Chiesa greca erano frati ambiziosi e fanatici, spregevoli e funesti egualmente pei lor vizj e per le loro virtù, per la loro ignoranza e per la loro dottrina. I rigorosi precetti del Patriarca Atanasio1 mossero a sdegno il popolo e il clero, perchè fu udito intimare ai peccatori la necessità di bere sino al fondo il calice della penitenza, e sopra di lui spargeasi la ridicola novelletta dell’asino sacrilego, che egli punì per averlo trovato mangiando una lattuga nell’orto d’un chiostro. Scacciato il Patriarca dalla sua cattedra per calmare le pubbliche grida, compose prima di ritirarsi due scritti di un tenore affatto contraddittorio, perchè l’un d’essi, che era il suo testamento pubblico, spirava soltanto rassegnazione e carità: l’altro, codicillo particolare, lanciava tremendi anatemi sugli autori della sua disgrazia, escludendoli per sempre dalla comunione della Santissima Trinità, de’ Santi e degli Angeli; il quale ultimo scritto, rinchiuso entro una pentola di terra, egli fece depositare sull’alto di un pilastro della cupola di S. Sofia, sperando che tal suo decreto, venendo un giorno alla luce, lo vendicasse. Di fatto, dopo quattro anni, alcuni fanciulli arrampicandosi sopra scale da architetti per cercar nidi di colombi, il fatale segreto scopersero; onde

  1. Circa l’anatema trovato nel nido de’ colombi v. Pachimero (l. IX, cap. 24). Questo scrittore racconta tutta la storia di Atanasio (l. VIII, c. 13-16-20-24; l. X, c. 27-29-31-36; l. XI, c. 1-3-5, 6; l. XIII; c. 8-10-20-35), e ove Pachimero finisce, continua Niceforo Gregoras (l. VI, 5-7; l. VII, c. 1-9), che comprende nel suo racconto la seconda ritirata di questo nuovo Grisostomo.