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cotesta città contiene tuttavia otto o diecimila abitanti. I tre quarti son Greci di lingua e di religione; il rimanente Turchi, che contraendo vincoli di consuetudine co’ primi hanno alquanto mansuefatto l’orgoglio e la gravità nazionale. L’olivo, dono di Minerva, verdeggia tuttavia nelle campagne dell’Attica, e il mele del monte Imeto, nulla ha perduto del suo squisito profumo1. Ma il commercio ivi languisce, e sta affatto nelle mani degli stranieri: la coltura di quello sterile territorio è abbandonata agli erranti Valacchi. Ciò nullameno gli Ateniesi si contraddistinguono tuttavia per acume e vivacità d’ingegno, ma son tai vantaggi, che, se non li regola, o coltiva lo studio, se il sentimento della libertà non li nobilita, tralignano in una vil propensione all’inganno; quindi è che gli abitanti di que’ dintorni hanno adottato il proverbio. „Dio ne liberi dagli Ebrei di Tessalonica, dai Turchi di Negroponte, dai Greci di Atene„. Di fatto questo scaltrito popolo ha evitata la tirannide dei Pascià, mediante un espediente, che mitigandone la schiavitù, ha fatto maggiore l’obbrobrio della nazione. Verso la metà dello scorso secolo, gli Ateniesi scelsero per loro protettore il Kislar-Agà, ossia Capo degli eunuchi negri del Serraglio; e a questo schiavo di Etiopia, che gode di molta confidenza presso il Gran Signore, porgono un annuale tributo di trentamila,

    colo non avea su questo tranquillo teatro operato alcun cambiamento.

  1. Gli Antichi, o almeno gli Ateniesi credevano che tutte le Api del Mondo venissero dal monte Imeto, e che il mangiar mele e il fregarsi d’olio erano cose bastanti a conservar la salute e a prolungare la vita (Geoponica, l. XV, c. 7, p. 1089-1094, edizione di Niclas).