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dell'impero romano cap. lxii. 225

in una proscrizione generale che il Principe e il Popolo profferirono congiuntamente. La maggior parte di questi venturieri, sbigottiti per la perdita del loro Capo, e rifuggiti ai propri navigli, salparono per cercarsi dimora in varie parti della costa mediterranea. Però una vecchia banda composta di mille cinquecento Catalani, o Francesi, mantenutasi sulla Fortezza di Gallipoli nell’Ellesponto, ivi spiegò la bandiera aragonese, offrendosi a giustificare e vendicare il suo Generale, mercè un combattimento di dieci, o cento guerrieri contra un egual numero di nemici. Anzichè accettare l’ardimentosa disfida, l’Imperatore Michele, figliuolo e collega di Andronico, venne in sentenza di opprimerli colla superiorità del numero. Senza badare che ei riducea con ciò ad ultimo impoverimento l’Impero, raccolse un esercito di tredicimila uomini a cavallo, e di trentamila fanti, coprendo la Propontide di greci e genovesi navigli. Ma di queste sì ragguardevoli forze, e per terra e per mare, trionfarono i Catalani, animati dalla disperazione, e superiori ai Greci per disciplina. Il giovine Imperatore, riparatosi al suo palagio, lasciò un corpo di cavalleria leggiera, che difendeva il paese. Per cotali vittorie rialzatesi le speranze de’ venturieri, ben tosto crebbero anche di numero, perchè guerrieri di tutte le nazioni, si unirono sotto lo stendardo e il nome della Grande Compagnia; alla qual congrega militare si aggiunsero tremila Maomettani convertiti che abbandonarono le bandiere imperiali. Il possedimento di Gallipoli dava abilità ai Catalani d’impacciare il commercio di Costantinopoli e del mar Nero, intanto che i lor compagni da’ due lati dell’Ellesponto disastravano le frontiere dell’Europa