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gia al valoroso straniero, gli diede in isposa la propria nipote, conferendogli il titolo di Gran Duca, o Ammiraglio della Romania. Dopo qualche tempo di riposo, varcato l’Ellesponto colle sue truppe, Ruggero assalì arditamente i Turchi, e periti per le sue armi trentamila Musulmani in due sanguinose battaglie, liberò dall’assedio che la strignea Filadelfia, e meritossi il nome di liberatore dell’Asia. Ma non andò guari che la schiavitù e la rovina di quelle misere popolazioni venne dietro ad un lampo brevissimo di prosperità. Quegli abitanti, dice uno Storico, fuggirono dal fumo per cader nelle fiamme, e la nimistà de’ Turchi era men funesta dell’amicizia dei Catalani. Questi consideravano come loro proprietà le vite e le sostanze di coloro che aveano salvati; le giovani donzelle non si erano sottratte alle persecuzioni di amanti circoncisi che per venire, o di lor grado, o dalla forza costrette, fra le braccia di scorridori cristiani. Ogni riscossione di ammende, o sussidj andava congiunta a sfrenate rapine e ad esecuzioni arbitrarie, dalle quali avendo voluto liberarsi coll’oppor resistenza Magnesia, città dell’Impero, il Gran Duca per gastigarla vi pose l’assedio1. Di cotale violenza si scusò in appresso allegando il risentimento di un esercito vittorioso e irritato, capace di non rispettare l’autorità stessa del comandante, e forse anche di minacciarne la vita, se si fosse accinto a punir l’impeto di una fedele soldatesca, provocata

  1. Per formarsi meglio un’idea sulla popolazione di queste città, si osservi che Tralle riedificata sotto il precedente regno, poi devastata dai Turchi, contenea trentaseimila abitanti. Pachimero (l. VI, c. 20, 21).