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dell'impero romano cap. lxii. 221

Angioini, si radunarono formando un corpo di nazione per costumanze ed interessi eguali congiunta. Appena seppero l’invasione fattasi dai Turchi nelle province asiatiche dell’Impero d’Oriente, deliberarono procacciarsi, combattendo contr’essi, stipendj e prede; nel qual disegno, Federico Re di Sicilia di tutto buon grado li secondò, largheggiando loro di soccorsi che alla presta gli allontanassero. Dopo venti anni che una cotal gente facea la guerra, non conoscea per sua patria che i campi o le navi; istrutta sol nel combattere, non aveva altra proprietà fuor dell’armi; non sapea ravvisare altra virtù fuor del valore. Le donne che seguivano cotali bande, erano divenute non meno intrepide de’ lor mariti od amanti; ed immaginandosi le popolazioni che i Catalani con un sol colpo di sciabola avessero la virtù di spaccare in due parti il cavaliere e il cavallo, questa opinione era già di per se stessa un’arma di più in loro soccorso. Ruggero di Flor, sopra ogni altro Capo di simil genìa, acquistatosi fama, offuscava per merito personale i suoi rivali, i feroci Aragonesi. Figlio di un Gentiluomo alemanno della Corte di Federico II, che avea sposata una nobile donzella di Brindisi, Ruggero fu a mano a mano Templario, apostata, pirata, e per ultimo il più ricco e possente ammiraglio del Mediterraneo. Da Messina a Costantinopoli indirisse il suo corso, seguendolo diciotto galee, quattro più grossi navigli e ottomila venturieri. Andronico il Vecchio, che avea sottoscritto con questo generale un Trattato, prima che ei salpasse dalla Sicilia, tenne la data fede, ed accolse questo formidabile soccorso con un sentimento misto di terrore e di gioia. Assegnate stanze nella sua reg-