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dell'impero romano cap. lxii. 215

avendo sortita una colta educazione, potè sottrarsi all’indigenza che insieme all’esilio avrebbe sofferta, professando la medicina, già da lui appresa a Salerno. Sprezzatore oltre ogni credere della vita, come è proprio di chi congiura, non rimanendogli fuor d’essa altra cosa da perdere, possedeva inoltre l’arte di negoziare, di far valer le sue ragioni e di nascondere i proprj fini; per le qual cosa ne’ diversi parlamenti che ebbe e con nazioni, e con privati, qualunque parte questi tenessero, sol de’ loro interessi sapea mostrarsi studioso. Intanto non eravi genere d’angheria o fiscale, o militare, di cui non avessero a dolersi i novelli Stati dell’Angioino1, che sagrificava gli averi e le vite de’ suoi sudditi dell’Italia alla propria ambizione e alla licenza dei cortigiani. Ben la sua presenza era valevole freno all’odio che gli portavano i cittadini di Napoli; ma la debole amministrazione, e i vizj de’ suoi capitani, o governatori si erano fatti scopo al disprezzo e all’indignazione ad un tempo de’ Siciliani. Procida pervenuto colla sua eloquenza a ridestare ne’ popoli il sentimento di libertà, persuase inoltre ai Baroni che l’interesse di ciascuno di loro stavasi nel difendere la causa comune. Colla speranza di stranieri soccorsi, Giovanni visitò a mano a mano le Corti

  1. Giusta il dire di un Guelfo zelante, Saba Malaspina (Storia di Sicilia, l. III, c. 16) Muratori (t. VIII, p. 832), i sudditi di Carlo che avevano perseguito Manfredi, siccome un lupo, lo sospiravano come un agnello; lo stesso Scrittore giustifica il pubblico scontento descrivendo la tirannide del governo francese (l. VI, c. 2-7). V. il manifesto Siciliano in Nicola Speciale (l. I, c. 11, Muratori, t. X, p. 930).