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dell'impero romano cap. lxii. |
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morte di S. Luigi spacciò Carlo dall’importuna soggezione di un censore virtuoso; ed inoltre il Re di Tunisi essendosi riconosciuto vassallo e tributario della corona di Sicilia, rimaneva agl’intrepidi cavalieri francesi piena libertà di movere sotto lo stendardo di un vittorioso capitano le loro armi contro l’Imperatore della Grecia. Un maritaggio e un Trattato strinsero maggiormente gl’interessi della Casa di Courtenai a quelli di Carlo, che promise la propria figlia Beatrice a Filippo figlio ed erede dell’Imperator Baldovino, concedendogli un assegnamento annuale di seicento once d’oro per sostenere la sua dignità; ed intanto il padre dello sposo distribuiva generosamente ai suoi confederati i regni e le province dell’Oriente, non riserbando per sè che la città di Costantinopoli e i suoi contorni fino alla distanza di una giornata di cammino1. In sì imminente pericolo, Paleologo si affrettò a sottoscrivere il Simbolo, e ad implorare la protezione del Papa, che in quel momento, vero angelo di pace e padre comune de’ Fedeli si dimostrò; e negando di benedire le armi e consagrare l’impresa meditata contro Costantinopoli, oppose colla sua voce un ritegno al valore e alla spada di Carlo d’Angiò, che fu veduto dagli ambasciatori greci, allorchè, nell’anticamera pontifizia, irritato dal rifiuto, il suo scettro d’avorio per rabbia mordea. Cotesto principe, nondimeno, portò, giusta quanto apparve, rispetto alla disinteressata mediazione di Gregorio X; ma in appresso i modi orgogliosi di Nicolò III della
- ↑ V. Ducange, Hist. C. P., l. V, c. 49-56; l. VI, c. 1-13, Pachimero, l. IV, c. 29; l. V, c. 7-10-25; l. VI, c. 30-32-33, e Niceforo Gregoras, l. IV. 5, l. V, 1, 6.