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distanza da lui, che dipendea dalla loro prudenza il salvare dai perniciosi effetti del diritto di appellazione la libertà della Chiesa orientale; egli poi, per parte sua, assicuravali che avrebbe sagrificato l’impero e la vita, anzichè cedere nel menomo articolo di Fede ortodossa, o di independenza della sua patria: la quale protesta del sovrano venne suggellata e autenticata da una Bolla d’Oro. Il Patriarca Giuseppe si ritrasse nel suo monastero per prender tempo a risolvere, giusta le conseguenze del Trattato, se abbandonerebbe la cattedra patriarcale, o se gli tornerebbe il risalirvi; intanto l’Imperatore, il figlio del medesimo, Andronico, trentacinque Arcivescovi, e Vescovi metropolitani e i loro sinodi sottoscrissero le lettere di unione e di obbedienza, alle quali sottoscrizioni furono aggiunti i nomi de’ Vescovi di molte diocesi distrutte dalla invasione degl’Infedeli. Poi un’ambasceria composta di ministri e di prelati di confidenza del principe, da esso istrutta segretamente e con gran calore di non serbar limiti nel mostrarsi condiscendenti al sommo Pontefice, mosse verso l’Italia portando seco profumi e preziosi ornamenti da offerirsi all’altar di San Pietro. Papa Gregorio X, che a capo di cinquecento Vescovi nel Concilio di Lione li ricevè1, versava lagrime d’allegrezza su questi suoi figli smarriti per sì lungo tempo, e finalmente venuti a penitenza, e ricevuto il giuramento dalle mani degli ambasciatori, che a nome de’ due sovrani lo scisma abbiurarono, e insigniti i

  1. V. gli Atti del Concilio di Lione dell’anno 1274, Fleury (Hist. eccles., t. XVIII, p. 181-199); Dupin (Biblioth. eccl. t. X, p. 135).