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narca piangente e prostrato in sulla soglia del tempio.

[A. D. 1266-1312] Lo scandalo e i pericoli di una tale scomunica durarono più di tre anni. Il tempo e la penitenza di Michele avendo acchetati i gridori del popolo, i Prelati greci giunsero a condannare il rigore d’Arsenio, siccome opposto alla evangelica mansuetudine. Intanto l’Imperatore non si stette dal fare accortamente antivedere, che quando si continuasse a ributtare la sua sommessione, ei potrebbe trovare a Roma un giudice più indulgente; ed era cosa più semplice e più conforme agli interessi della Chiesa bisantina il procurarsi nel proprio seno un Capo che proferisse i suoi giudizj a norma delle brame imperiali. Si fece comparire il nome di Arsenio in mezzo ad alcuni rumori vaghi di scontento e di cospirazioni; alcune irregolarità che si pretese scoprire nel reggimento spirituale del medesimo, somministrarono pretesto ad un sinodo per giudicare e rimovere il Prelato, che sotto buona scorta di armati, fu trasferito in una isoletta della Propontide. Prima di essere condotto al luogo dell’esilio, il Patriarca pretese dignitosamente che si facesse un inventario de’ tesori della chiesa, manifestò non possedere egli in proprio che tre piastre d’oro guadagnate nel copiar salmi, serbò tutta l’independenza dell’animo suo, e continuò fino all’ultimo respiro nelle proteste che quanto a lui non avrebbe mai assoluto l’Imperatore1. Qualche tempo dopo la partenza di Arsenio,

  1. Pachimero da cui si ha il racconto dell’esilio di Arsenio (l. IV, c. 1-16) fu uno de’ commissarj che lo visitarono nell’isola deserta ove fu confinato. Rimane tuttavia l’ul-