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vi languì dimenticato per molto volgere d’anni. Benchè questo meditato delitto sembri incompatibile coi rimorsi, possiam credere, che Paleologo avesse nel commetterlo una disadatta, quanto per lui comoda, fiducia nella misericordia del Cielo; ma non quindi rimanea meno esposto al biasimo e alla vendetta degli uomini. Applaudissero pure, o, intimoriti dalle sue crudeltà, si stessero silenziosi i vili cortigiani dell’usurpatore; ma il clero potea parlare a nome di un invisibile padrone, e condotto da un Prelato inaccessibile alla speranza come al timore. Vero è che Arsenio1, dopo rassegnata per breve tempo la sua dignità, si era prestato ad occupare la sede ecclesiastica di Costantinopoli; onde sotto la presidenza di lui la Chiesa greca fu restaurata. Egli sperava di ammollire per via di pazienza e di sommessioni l’animo del tiranno, e di rendersi per tal via utile al giovine Imperatore; ma troppo a lungo gli artifizj di Paleologo si erano presa a giuoco la pietosa semplicità del Prelato; il quale appena seppe il destino infausto di Lascaris, prese il partito di adoperare le armi spirituali, e questa volta la superstizione protesse la causa dell’umanità e della giustizia. [A. D. 1262-1263] Pertanto in un Concilio di Vescovi, che l’esempio del loro Capo facea coraggiosi, pronunziò anatema contro Michele, avendo nondimeno la prudenza di continuare a fare menzione di lui nelle pubbliche

  1. V. la prima ritirata e il ritorno di Arsenio, in Pachimero (lib. II, c. 15, l. III, c. 1-2), e in Niceforo Gregoras (l. III, c. 1, l. IV, c. 1). La posterità biasima giustamente in Arsenio αφελεια e ραθυμια la frugalità e l’umiltà, virtù in un eremita, vizj in un ministro (l. XII, c. 2).