|
dell'impero romano cap. lxii. |
195 |
po la perdita di molte province, la medesima Capitale cadde fra le mani dei Barbari dell’Occidente. Dall’ultimo grado della sciagura, il flutto della prosperità ci ha nuovamente innalzati; ma non ostante erravamo sempre esuli e fuggitivi, e a chi ne chiedeva ove fosse la patria de’ Romani, additavamo arrossendo il clima del Globo e la regione del Cielo. La Providenza favorevole alle nostr’armi ne ha restituita Costantinopoli, sedia dell’Impero e della Religione. Spetta al nostro valore e al nostro coraggio il far sì che questo prezioso acquisto sia presagio e mallevadore di novelle vittorie„. [A. D. 1261] Tanta era nel Principe e nel popolo l’impazienza, che venti giorni dopo l’espulsione de’ Latini, Michele fece il suo trionfale ingresso in Costantinopoli. Al suo avvicinare, apertasi la Porta d’Oro, il pio conquistatore, sceso da cavallo, si fece portare innanzi la miracolosa immagine di Maria la Conduttrice, affinchè apparisse che la Vergine stessa lo conduceva al tempio del proprio figlio nella cattedrale di S. Sofia. Ma dopo essersi abbandonato ai primi impeti della divozione e dell’orgoglio, contemplò sospirando la rovina e la solitudine che regnavano per ogni dove della derelitta sua Capitale. Lordati di fumo e fango i palagi, offrivano per ogni lato l’impronta della salvatica licenza de’ Franchi; vedeansi intere contrade consumate dal fuoco, o guaste dall’ingiuria de’ tempi; gli edifizj sacri e profani spogliati de’ loro arredi, e, come se i Latini avessero preveduto l’istante di essere discacciati, ogni industria loro era stata posta nel saccheggiare e distruggere; annichilato il commercio dall’anarchia, e dall’indigenza; sparita colla ricchezza pubblica la popolazione. Essendo