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dell'impero romano cap. lxi. 173

berto, ereditò un titolo, che veniva riguardato come dignità territoriale, e dodici Conti di Devon, del cognome di Courtenai, vi furono successivamente in un periodo di dugento venti anni. Avuti nel novero dei più possenti Baroni del regno, sol dopo un ostinato contrasto, cedettero al feudo di Arundel il primo posto nel Parlamento d’Inghilterra. I Courtenai si imparentarono colle più illustri famiglie, siccome erano quelle dei Vere, dei Despenser, dei S. John, dei Talbot, dei Bohun, ed anche dei Plantageneti. In una contesa con Giovanni di Lancastre, un Courtenai, Vescovo di Londra, indi Arcivescovo di Cantorbery, manifestò una profana fiducia nel numero e nella possanza della sua famiglia e de’ suoi partigiani. Durante la pace, i Conti di Devon viveano nelle numerose loro castella e signorie di Ponente, adoperando le immense ricchezze di cui godevano in atti di divozione e di ospitalità; ed è famoso l’epitafio di Odoardo, detto il Cieco in conseguenza di una infermità sofferta dal medesimo, e il Buono per le virtù che il fregiarono, epitafio che ingenuamente ne addita una sentenza di morale, di cui però una imprudente generosità potrebbe abusare. Dopo una tenera commemorazione di cinquanta anni di unione e di felicità, da esso trascorsi colla sua moglie Mabel, così il buon Conte parla dal fondo del suo sepolcro:

    finì sotto il regno di Eduardo I in Isabella De Fortibus, famosa erede di un ricco dominio, la quale sopravvisse lungo tempo al fratello e al marito (Dugdale, Baronnage, part. 1, p. 254-257).