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144 | storia della decadenza |
proca fedeltà, gustarono il sangue l’uno dall’altro1. Sempre più intanto la povertà lo premea. Il successore d’Augusto demolì gli appartamenti vuoti della sua reggia; o a meglio dire della sua prigione, di Costantinopoli per trarne legna da scaldarsi. S’impadronì de’ piombi che coprivano i templi per farli supplire alle spese della sua casa. Prese ad imprestito con esorbitanti usure, danaro dai mercatanti italiani; e impegnò per qualche tempo il proprio figlio e successore al trono Filippo, onde assicurare il pagamento di un debito che avea contratto coi Veneziani2. La fame, la sete, la nudità sono patimenti reali; ma l’opulenza non vuol calcolarsi che colle regole di proporzione. Un Principe facoltoso, come privato, può trovarsi secondo i bisogni che lo premono, in preda a tutte le amarezze e le angosce dell’indigenza.
In mezzo allo squallore di una tanto obbrobriosa povertà, rimaneva tuttavia all’Imperatore o all’Impero un tesoro che ricevea il suo immaginario valore3 dalla divozione del Mondo cristiano. Scapitato era alquanto per fattine parteggiamenti il legno della vera Croce, oltrechè l’essere dimorato sì lungamente fra le mani degl’Infedeli, rendea anche sospette molte particelle di esso già diffuse per l’Oriente e per l’Occidente; ma veniva conservata nella cappella imperiale di Costantinopoli un’altra reliquia della