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dell'impero romano cap. lxi. |
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spota, fondò un principato possente nell’Epiro, nell’Etolia, nella Tessaglia, sempre famosa per gli uomini bellicosi che la popolarono. Que’ Greci che offersero servigio ai Latini, divenuti novelli loro sovrani, si videro disprezzati da questi superbi principi, ed esclusi1 da tutti gli onori civili e militari, come uomini sol nati per obbedire e tremare. Offesi questi d’un sì aspro trattamento, si accinsero a provare cogli effetti di un’operosa inimicizia, quanto l’amicizia loro poteva essere utile a chi li vilipese. Finalmente l’avversità aveva loro inspirato coraggio: onde tutti i cittadini chiari per sapere o virtù, per nascita o valore, abbandonarono Costantinopoli, riparandosi ai governi independenti di Trebisonda, d’Epiro o di Nicea. Non si cita che un solo patrizio che abbia meritato l’encomio, se luogo ad encomio pur v’era, di affezione e fedeltà verso i Franchi. I popoli delle città e delle campagne si sarebbero forse accostumati ad una moderata e regolar servitù. Forse alcuni anni di pace e d’industria avrebbero fatto dimenticare ad essi la guerra e i suoi passeggieri disastri. Ma la tirannide del sistema feudale allontanando le soavità della pace, distruggea il frutto delle fatiche de’ sudditi; e comunque un’ammini-
- ↑ Niceta fa un ritratto de’ Francesi-Latini, ove scorgesi per ogni dove l’impronta dell’astio e del pregiudizio ουδεν των αλλων εθνων εις Αρεος εργα παρασυμβεβλησθαι ηνειχοντο αλλ’ουδε τις των χαριτων η των μουσων παρα τοις βαρβαροις τουτοις επεξενιζετο, και παρα τουτο οιμαι την φυσιν ησαν ανημεροι, και τον χολον ειχον του λογου προτρεχοντα. Non tolleravano che alcun’altra nazione concorresse con essi alle imprese marziali; ma niuna della Grazie o delle Muse aveva ospizio da quei Barbari, ed inoltre erano, io credo, crudeli per natura, e aveano una bile che preveniva il discorso.