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dell'impero romano cap. lv 67

no sangue umano: fortunata ignoranza, se la loro vita tranquilla fosse un effetto della ragione e della virtù1!

L’autore della Tattica2, l’Imperatore Leone, nota che tutte le orde della Scizia si rassomigliavano nella lor vita pastorale, e militare; che tutte usavano dei medesimi modi di sussistenza, e di eguali strumenti di distruzione; ma aggiugne che le due nazioni de’ Bulgari e degli Ungaresi, erano superiori alle altre, e si conformavano scambievolmente per certe miglioranze, benchè imperfette, che aveano portate nella loro disciplina, e nel loro governo: [A. D. 900 ec.] affinità che è stata a Leone un motivo di confondere i suoi amici, e i suoi nemici in una

  1. Buffon (I., t. V, p. 6, in 12). Gustavo Adolfo si accinse, ma senza frutto, ad instituire un reggimento di Lapponi. Il Grozio parlando di queste tribù antiche si esprime: Arma, arcus et pharetra, sed adversus feras (Annal. l. IV, pag. 236). Indi, conformandosi all’esempio di Tacito, procura di colorare con una vernice filosofica la brutale ignoranza di costoro.
  2. Dalle osservazioni di Leone apparisce che il governo dei Turchi era monarchico; e che presso queste genti si usava di rigorose punizioni (Tattica p. 86; απεινεις και βαρειας). Reginone (in Chron., A. D. 889) mette il furto fra i delitti capitali, il che è confermato dal codice originale di S. Stefano (A. D. 1016). Se uno schiavo commettea un delitto, per la prima volta gli venia tagliato il naso obbligandolo a pagar cinque vacche; la seconda volta perdea le orecchie ed era costretto ad un’ammenda simile alla prima; la terza volta veniva punito di morte; quanto all’uomo libero non soggiaceva al supplizio capitale che dopo il quarto delitto, giacchè in pena del primo perdea soltanto la libertà (Katona, Hist. regum hungar., t. I, p. 231, 232).